Riposo assoluto per 10 giorni
Quando leggo questa dicitura su alcune prescrizioni mediche mi si intorcigliano le budella.
Attenzione però a non fare di tutta l’erba un fascio. In ambito muscoloscheletrico vi sono alcune condizioni in cui il riposo è raccomandato, altre in cui è obbligatorio (poche). La gran parte delle volte è inutile, anzi deleterio.

Ma facciamo un passo in dietro…
Qualche giorno fa arriva in studio il marito di una mia paziente, accompagnato dalla figlia.
Raccontami la tua storia…
- Bruciore al polpaccio
- Formicolio lungo la parte posteriore della gamba
- Impossibilità a camminare a lungo (causa dolore al polpaccio)
- Difficoltà a stare in piedi troppo tempo (causa dolore al polpaccio)
- Necessità di passare diverso tempo steso a letto
Tutti sintomi che potremmo ricondurre ad una problematica delle radici nervose se non fosse che questa storia va avanti da 6 mesi.

Chiedo al paziente cos’ha fatto fino ad ora per combattere il dolore, lui mi fa vedere la sua RM lombare e una serie di prescrizioni medico-specialistiche. Aveva assunto diversi tipi di antidolorifici e fatto 2 sedute di radiofrequenza.
Riduzione del fastidio dopo questa terapia pari a zero.
Il medico propone altre terapie farmacologiche e RIPOSO ASSOLUTO per 10 giorni.
Ultima chance intervento chirurgico.
Esercizio fisico neanche a parlarne. Gli è stato detto di star fermo quando l’unico modo per uscirne prevede tutto il contrario.
Passiamo circa 10 minuti della seduta sul lettino con l’obiettivo di migliorare la mobilità del nervo sciatico (responsabile di questi sintomi). Decido quindi di esplorare i suoi movimenti.
Come sempre partiamo dal demonio, il movimento che mai e poi mai ti diranno di poter fare: chiedo al paziente di flettersi con la schiena e raccogliere un peso. Inutile dirvi che aveva una paura mostruosa che il dolore al polpaccio potesse esplodere! Perchè?

Da diversi anni ci insegnano che per raccogliere i pesi bisogna flettersi sulle ginocchia e tenere la schiena bella dritta. Dicono che se non fai così e pieghi la schiena rimani bloccato, peggiori le ernie.

Vi stanno raccontando una balla enorme!

Dopo essersi piegato nella maniera “giusta” gli chiedo di flettere completamente la schiena, renderla parte attiva dell’azione.
Risultato? Stranamente per lui, ma non per me, il dolore non è peggiorato!
Gli chiedo se fa sport e mi racconta che ama andare in bici ma ha paura. Una paura tremenda di peggiorare le cose. Aggiungiamoci che gli è stato consigliato di stare a riposo… non si muove da mesi…
Hanno reso invalida una persona sana!
E lo hanno fatto solo usando due paroline, RIPOSO ASSOLUTO.Trascorriamo i successivi 30 minuti a parlare del dolore, di come funziona, di come la nostra paura lo alimenta, di quanto diventiamo bravi a procurarcelo. Lui è ovviamente scettico, gli ho chiesto di fare tutto il contrario di quanto scritto sulla prescrizione. Non siamo abituati a pensare al dolore come una cosa buona. Non pensiamo al recupero da un dolore come qualcosa di attivo. Siamo abituati a pensare che abbiamo bisogno di essere aggiustati!

Durante la nostra chiacchierata è rimasto in piedi tutto il tempo… inutile dirvi che il dolore non peggiorava!
Qualcosa è iniziato a cambiare nel suo modo di elaborare il dolore e…
Inizierà finalmente a star bene, attivamente!

Ecco a voi la testimonianza della figlia.
Dopo quasi 6 mesi eravamo stanchi del dolore al polpaccio di mio padre. Effettuate diverse visite specialistiche in cui è stato suggerito assoluto riposo, diverse infiltrazioni, radiofrequenza e varia terapia strumentale, avevamo provato di tutto senza nessun risultato. Le ernie emerse alla risonanza hanno costretto mio padre a fermarsi da qualsiasi attività. Nulla di tutto ciò ha placato il dolore che aumentava quando era in piedi o seduto per lungo tempo, o nella guida. Fortunatamente da sdraiato si annullava tutto riuscendo a riposare bene la notte. Stanchi di non avere risposte al suo malessere e non volendo scegliere l’operazione, ci siamo rivolti al dott. Donvito. Subito Giorgio ha fatto molte domande sulla tipologia di dolore che affliggeva papà e su quelle che erano le attività dolorose. Dopo un’attenta valutazione fisica con rispettivo trattamento, ha chiesto a papà di sollevare una palla medica di 2 kg, movimento che mio padre stava evitando da mesi, sia per consiglio medico sia per paura che si accentuasse il dolore. Il fastidio non è aumentato, anzi il suo corpo ha ripreso ad eseguire gesti che ormai aveva quasi dimenticato. Il dolore era presente di sottofondo ma come in tutte le attività che venivano svolte. Il dott. Giorgio ha continuato a spiegare a mio padre il perché di questa sensazione, illustrando come si comporta il dolore che, presente da così tanto tempo, può ormai essere definito cronico: in assenza di movimento il corpo non svolge più le sue funzioni mandando in blocco tutto il sistema, è come un cane che si morde la coda. Mio padre doveva muoversi e riprendere ad andare in bici, unica attività sportiva praticata, non doveva rimanere a letto tutto il giorno. La paura che aumentasse il dolore doveva essere con il tempo gestita perché non sempre il dolore indica danno fisico, al contrario dopo così tanto tempo dove il dolore non era aumentato alterando la sua autonomia, una serie di fattori contribuivano al malessere. Il movimento, suggerito dal dott. Donvito, era la cura più appropriata per il suo caso.